2092 Fuga da Venezia

"La seconda mezzanotte" è l'ultimo libro dello scrittore veneziano Antonio Scurati: nelle biografie è sempre scritto nato a Napoli ma l'autore è veneziano e se non lo fosse il libro sarebbe completamente diverso. Andiamo per ordine: il titolo è una delle cose buone del libro. Viene spiegato subito, nella citazione (esergo) di Jared Diamond: mettendo la storia dell'umanità in 24 ore, la prima mezzanotte è quella dell'origine dell'uomo, la seconda è quella della fine. Quindi sin dal titolo si esplica chiaramente che di fine dell'umanità Scurati vuole raccontare. E' un romanzo di genere distopico: niente di grave, non è contagioso, è solo il contrario di utopico: un romanzo fantascientifico dove la società futura, invece di essere il regno del benessere (utopia), è un mondo invivibile.

Vediamo un po' cosa ci riserva di così terribile il futuro secondo lo Scurati-pensiero. Il mondo, politicamente ed economicamente, è diviso in due blocchi: quello anglo-americano che comprende America del Nord ed Europa del Nord, che mantiene una parvenza di democrazia, forse simile al mondo che conosciamo noi, ma Scurati non ci racconta molto di questo blocco. L'altro invece è quello dominato, direttamente o indirettamente, dalla Cina: praticamente il resto del mondo, Africa Asia America Sud e Europa Est e Sud.
Poi: l'umanità ha avuto ciò che così ostinatamente non ha voluto evitare. Il cambiamento climatico dovuto all'effetto serra ha stravolto il nostro pianeta: il livello dei mari è aumentato sommergendo intere aree, l'Africa è diventata desertica, nel Mediterraneo  ci sono i monsoni e il clima è paragonabile a quello del Sud Est asiatico di oggi.
Non basta: i popoli africani spinti dalle carestie hanno attraversato in massa il mediterraneo e hanno occupato intere aree dell'Europa del Sud, sterminando le popolazioni locali. Non esiste più l'Italia ma solo l'Italia del Nord, governata da un primo ministro così descritto: è animato dalla patetica smania di vita dei vecchi. Alludeva sfacciatamente a una tresca e mostrava i denti incapsulati. Ha quasi ottant'anni ed è al potere da venti..... Si fa tirare le rughe e racconta barzellette. Un fantoccio con un sorriso da marionetta. Ma a chi mai si sarà ispirato per questo primo ministro distopico?
Non basta ancora: in questo futuro la Cina ha previsto delle zone autonome, una specie di zone dove tutto è permesso, dove non vigono più le rigide leggi del mondo esterno, zone dove i ricchi turisti posono continuare a divertirsi anche se il resto dell'umanità è sull'orlo del precipizio, anzi proprio per questo. Zone autonome dove il divertimento consentito è estremo, sesso, violenza, tutti i vizi: l'unico divieto, non avere armi da fuoco.
L'azione del racconto si svolge in una di queste zone, a Venezia o meglio a Nova Venezia, quella parte di città riportata in vita dalla Cina dopo la Grande onda che aveva distrutto la Venezia che il mondo conosce.
Questa è l'idea geniale, o furba, dell'autore: chi mai ambienterebbe Blade Runner a Venezia? O farebbe attraversare in barca il Canal Grande a Jena Plinsky?
Invece nel libro questa idea regge molto bene: Venezia , dopo la Grande onda, è stata trasformata dal pragmatismo cinese in quello che di fatto è ormai da molti secoli, un parco giochi per adulti danarosi.
Nel 2092, vent'anni dopo Grande onda, i veneziani sono sempre di meno, per loro è vietato riprodursi, fanno quello che possono per vivere (per lo più le puttane, anche qui nulla di nuovo), la parte di Venezia salvata  va dall'Arsenale (escluso) alla Fenice e da San Giorgio al teatro Malibran mentre il resto di Venezia è sommerso, Piazza San Marco è stata trasformata in una grande arena coperta dove combattono i gladiatori che si allenano a San Giorgio, le chiese nella parte salvata servono per far soldi (anche qui nulla di nuovo) come fumerie d'oppio e casinò, la Fenice è bruciata un'altra volta ed è stata ricostruita com'era e dov'era, l'unico manufatto che non ha subito danni per la Grande onda è stato il ponte di Calatrava: un futuro nero.
Per fortuna ci sono i nostri eroi: il Maestro, capo dei gladiatori, Spartaco, gladiatore invincibile, Aiace lo Sciancato, altro gladiatore leggendario, gli Omega, gli ultimi bambini nati a Venezia prima del divieto a riprodursi per i nativi, la Vecchia, la donna che si occupa degli orfani ospitati alla scuola dei gladiatori.
Tutto questo per dare solo un'idea del romanzo barocco che ho appena finito di leggere. Non dico nulla della trama.
Il punto di forza del romanzo è l'idea centrale, quella di usare Venezia come metafora del mondo futuro. Funziona perchè l'idea che sta alla base del romanzo è che quello che succederà nel 2092 è già scritto in quello che facciamo ora e quindi più che di catastrofe planetaria che porterà a questo mondo invivibile bisogna parlare di catastrofe avvenuta che amplifica l'esistente. E adesso Venezia è già una piccola Las Vegas, una capitale del divertimento, magari culturale: farla diventare capitale del divertimento di fine XXI secolo con massacri e sesso sfrenato sembra logica conseguenza.
Venezia è anche il posto ideale per rendere plastica l'idea di Scurati che esplicitamente si ispira al filosofo Sloterdijk: Venezia come modello di utero esterno dove poter "viziare" gli esseri umani mantenendoli immaturi.
La forza di questa idea ben presto si esaurisce nella narrazione: perchè questo libro non è un saggio di sociologia sul nostro futuro possibile ma un romanzo e quindi una recensione si deve basare sulla sua qualità letteraria. E su questo ho molte perplesità.
Non mi piace nè approvo l'uso massiccio di descrizione al limite del morboso, un'abbondanza di primi piani scellerati e forse psicotici nel racconto di episodi di violenza (di ogni tipo, dai combattimenti al sesso). Nè sopporto lo stile di chi si compiace di quante parole sa e di quante parole si possono usare per dare tocchi di colore.
Come se fosse un Tarantino senza senso di umorismo, una specie di Bastardi senza gloria che si prende sul serio. Forse Scurati ha ragione a dire che non è vero che "meno è meglio", ma troppo, come fa lui, diventa insopportabile.

Poi nel romanzo ci sono altri punti deboli: la macchinosità con cui il lettore è fatto partecipe degli avvenimenti che hanno portato a questo fine-mondo, l'utilizzo di gladiatori che sembrano arrivati senza alcuna sosta dal mondo romano (canti in latino, lettere greche tatuate), la fastidiosa inutilità di dettagli nella localizzazione dell'azione che sembrano dire "Vedete, io sono di Venezia e quindi so anche dove ci sono i campi da calcio", la mancanza poco plausibile di cose a cui siamo da tempo abituati: non sto parlando dei gondolieri (poco da rimpiangere) ma dei sistemi di comunicazione che sembrano completamente spariti dalla scena mondiale, resta soltanto la televisione con unico canale televisivo.

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