Dove eravate tutti

Ho ordinato subito il libro "Dove eravate tutti" di Paolo di Paolo, appena uscito. Le promesse insite negli argomenti erano allettanti: si parla di padri, argomento che personalmente mi interessa assai, dell'Italia contemporanea sotto l'ombra di Berlusconi, argomento del giorno da ormai un bel po', e poi di Berlino, la mia città preferita.
Il romanzo, raccontato in prima persona, narra le vicende di Italo, da quando aveva dieci anni nel 1993 al 2010. Il punto centrale del romano è l'investimento da parte del padre, professore di lettere e storia in pensione da un anno, nei confronti di un suo ex-allievo. Da questo accadimento Italo prende l'inizio del racconto e ci porta a conoscere il suo passato, il suo rapporto con il padre, la sua famiglia. Italo studia storia contemporanea e vuole fare una tesi su Berlusconi, l'incidente causato dal padre crea scompensi nella famiglia, la madre parte per un viaggio in Germania, lì andrà anche Italo e tornerà con qualche informazione in grado, forse, di riportare la calma in famiglia.

E' desolante, dopo aver finito il libro, ritrovarmi con tutte le promesse non mantenute.

Nel libro ci sono riproduzioni di giornali, disegni e una pianta di Berlino: una scelta discutibile ma nel caso della pianta di Berlino completamente inutile. Nel racconto una descrizione di una visita a Berlino quando una qualsiasi altra città sarebbe servita allo stesso scopo, Berlino usata come città alla moda da citare.

Liquidata Berlino, veniamo agli argomenti clou, l'Italia di Berlusconi e il rapporto con il padre.
Comprendo il trauma della generazione che, come il protagonista del romanzo, ha 10 anni nel 1993 e quindi vive tutta la sua vita "cosciente" con questa presenza, comprendo la domanda che dà il titolo al libro, dove eravamo noi quando succedeva quello che rimarrà a questa generazione come eredità.

Ma in questo libro la scrittura è quella dei migliori Fabio Volo e la nostra storia politica è affidata solo a dei ricordi che affiorano, a degli elenchi che fanno da sfondo alle vicende di questa famiglia (oltre che alle riproduzioni delle copertine di quotidiani). Anche la tesi su Berlusconi è citata e abbozzata, un esercizio che sembra più un richiamo per vendere il libro che una ricerca di senso compiuto nell'Italia di questi anni.

E il padre, quello che dovrebbe essere messo in discussione, insieme al resto della famiglia, ha più di un tratto da macchietta: se non ho sbagliato i conti, nasce nel 1950 quindi dovrebbe in qualche modo partecipare al 1968 ma non se ne fa accenno in tutto il libro. Sembra che per questo padre gli anni della contestazione giovanile siano passati senza alcun segno, lo ritroviamo placidamente immerso nel ruolo di padre autoritario, severo e nullafacente nei lavori domestici.
Più che un atto di accusa nei confronti della generazione dei padri, a me sembra un'ammissione di colpa della generazione dei figli: che senso ha lamentarsi che il padre ha lasciato il libro "Storia del socialismo"  nei ripiani alti della libreria, lontano dalle mani del figlio? Ma monta sopra una sedia e prendilo, oppure vai in libreria e compralo; quando mai è il padre che insegna al figlio a fare la rivoluzione?


Inauguro con questo libro una nuova etichetta di post: I LIBRI DA RENDERE. Chi non ha pratica di libreria forse non sa che i libri, a differenza di moltissimi altri prodotti, se rimangono invenduti possono essere resi all'editore. Questa pratica, che aveva un senso quando i libri restavano negli scaffali delle librerie per parecchi mesi, adesso servono per far "girare" i libri molto velocemente: le novità che non si vendono subito vengono rimpiazzate da altre novità e le vecchie novità, vecchie di poche settimane, vengono rese. Alla Marco Polo cerchiamo di avere pochi libri ma selezionati e quelli che teniamo vogliamo proporli per un periodo adeguatamente lungo perchè tutti i nostri clienti, quelli più veloci e quelli più lenti, se ne accorgano e li valutino per la lettura. Per fare questo però dobbiamo essere netti: quello che non ci piace, VIA.

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