Comunque vada non importa di Eleonora Caruso

Tempo fa avevo letto una recensione di questo libro e avevo deciso di non prenderlo: un romanzo che parla di manga, fumetti giapponesi, non mi faceva nessuna voglia.
Poi, pur essendo il libro di un'esordiente, è diventato libro del mese di Fahrenheit: mi sono convinto e l'ho letto.
Premetto che non ho cambiato idea sui manga: sono una delle cose che continuo a non sopportare, se volete torturarmi mi fate vedere qualche puntata di Sailor Moon o di Lady Oscar. Non mi interessano nemmeno i videogiochi. Però questo libro e questa scrittrice hanno qualcosa di notevole.
Ve lo faccio subito sentire, è la voce di Darla, la protagonista:
"Ho preso tutte le mie decisioni per caso ma tutte, in qualche modo, dipendono da mio padre.
Quando sono partita il tempo era assolato, come da copione. Il grano - un po' in ritardo, quell'anno - stava cominciando a crescere e riempiva la mia finestra di oro mescolato all'azzurro del cielo. Adesso faccio la poetessa , ma chiariamoci: non mi ero mai filata il panorama. Ci avevo messo il computer lì davanti.
C'è chi si accorge del valore delle cose solo quando sta per perderle (bravi idioti), ma io non sono così, sapevo che andarmene mi avrebbe uccisa, allora perchè lo sto facendo? (Perchè sono idiota anch'io, suppongo.)
[...]
Tirai giù la valigia dal letto. Era così pesante che una rotella si ruppe nell'impatto con il pavimento. Uscii dalla mia stanza fingendo che fosse un giorno come un altro; non le ho detto addio, così come non l'ho detto nemmeno alla mamma.
In corridio mi imbattei in mio padre. Mi chiese: - Ti serve una mano?-
- No, grazie - Quel grazie, come buona parte dei grazie, non suonava veramente come un grazie, ma più come un vaffanculo. Il nostro rapporto era andato in frantumi e non sapevo nemmeno se se n'era accorto."

La scrittrice ha ventisei anni e la protagonista qualcuno in meno: si vede un vero lavoro per portare sulla pagina scritta il modo di parlare ma anche di ragionare, di pensare e di vivere dei ventenni d'oggi. Non si sentono costruzioini artificiose, non c'è puzza di finto-giovane. Questo uso del linguaggio mi ha subito conquistato e penso sia uno dei risultati più brillanti di questo libro.

La storia vede Darla, la protagonista, raccontare in prima persona un breve periodo della sua vita, quando si trasferisce a Milano per l'università insieme al fratello. Detta così sembra facile ma ci sono delle complicazioni: Darla è iscritta all'università ma dopo un breve periodo smette di frequentare, smette di fare qualsiasi cosa che non sia stare a casa a dormire e leggere fumetti. Rompe rapporti di amicizia e quindi non ha nessun contatto umano se non con il fratello. Andrea, il fratello, ha anche lui i suoi casini: da bambino ha iniziato a cercare il dolore autoinflitto facendosi tagli alle braccia. Adesso è anoressico. Andrea sta insieme con Alessandro che farà stare a galla sia Darla che Andrea. Ci sono altri personaggi minori, ci sono ricordi d'infanzia e rapporti con il padre (la madre è morta) ma tutto ruota attorno a Darla.

Da un certo punto di vista è un classico romanzo di formazione, il protagonista., in questo caso una per nulla dolce fanciulla, deve riuscire a crescere, ad abbandonare lo stato di adolescente informe e abemoide che vive nei fumetti per arrivare ad affrontare la vita, quella vera. Per arrivare a questo passaggio ci vorranno i problemi del fratello, il suo tentato suicidio, e soprattutto la soluzione, improvvisa, dei rapporti con il padre.

Da un altro punto di vista è un romanzo di questi tempi, dove il lavoro non c'è, l'università va bene per ritardare il momento che bisognerà lavorare o cercare il lavoro, dove i videogiochi non sono solo giochi, dove i rapporti fra i sessi sono così fluidi che la relazione fra Alessandro e Andrea e fra Darla e un'altra ragazza sono del tutto normali e dove l'anoressia è ormai uscita dall'ambito femminile diventando un problema indipendente dal genere.

E' un bel libro, molto ben scritto per essere un libro di esordio. Ho avuto solo difficoltà a seguire per tutto il libro Darla: la scelta di avere solo lei come voce narrante non deve essere stata comoda per la scrittrice e non lo è per il lettore che viene continuamente "sballottato" nei suoi pensieri e nelle sue azioni.



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