Lo confesso, aspettavo questo libro, aspettavo un nuovo libro di Fabio Stassi.
Volevo sapere con quale storia sarebbe riuscito a stupirmi: avevo letto "E' finito il nostro carnevale", il primo libro sul calcio che mi abbia mai appassionato, con la storia della Coppa Rimet. Mi era piaciuto e ho letto subito "La rivincita di Capablanca" sul campione cubano di scacchi. Sono libri di finzione, di invenzione ma aggrappata alla realtà , sviluppata da fatti e persone reali, storie che si collocano nell'interstizio fra reale e verosimile, fra accaduto e immaginato, uno spazio piccolo ma che Stassi riesce a occupare con maestria e leggerezza.
Ed ecco il nuovo libro, "L'ultimo ballo di Charlot".
Charlie Chaplin è ormai un vecchio ottantenne e la notte di Natale la Morte arriva per portarlo con sè. Chaplin ha un figlio piccolo, vuole vederlo crescere ancora un po', vuole che sappia delle cose che solo lui può raccontargli. Allora fa una scommessa con la Morte, se riuscirà a farla ridere lei gli concederà ancora un anno di vita e al prossimo appuntamento, alla prossima notte di Natale, Chaplin dovrà ancora farla ridere per guadagnare un altro anno.
Cadenzato da queste sfide tutt'altro che comiche fra un vecchio e la Morte, il libro è il racconto del vecchio Chaplin a suo figlio, il racconto dei primi anni di vita dell'attore, da quando era bambino a quando finalmente avrà successo. Anche qui la tecnica di Stassi è di ancorarsi alla realtà , ad un personaggio realmente esistito come Chaplin, per inventare una storia negli interstizi lasciati liberi dalle biografie ufficiali, quando i dati non ci sono o sono radi. E' un'occasione per far rivivere di fronte agli occhi del lettore gli anni dell'infanzia di Chaplin, gli anni passati in un circo, l'amicizia con Stan Laurel, l'arrivo in America, il suo girare per questo paese facendo vari lavori, anche il tipografo, per poi arrivare a fare il regista.
Il racconto di una persona specifica, di Charlie Chaplin, lascia il posto al racconto di un paese, l'America, di un'epoca, l'inizio del '900, di un'epopea, quella del cinema, di un mondo al capolinea, quello del circo, e di un mondo che sta nascendo, quello del cinema.
Mentre leggevo questo libro mi è venuta in mente l'associazione con i libri di Salgari. Come Salgari ci parla di eroi e di avventure e di luoghi che non ha mai visto, così Stassi scrive libri di avventura, perchè le sue storie sono avventurose, ci sono figure "eroiche", e parla di luoghi che non ha mai visto, ci trasmette il suo immaginario, fedele o verosimile, non ha importanza. Ovviamente gli eroi di Stassi sono eroi moderni, come lo erano quelli di Salgari ai suoi tempi: è Rigoberto, il ladro della Coppa Rimet, è Capablanca, il campione cubano di scacchi, è Chaplin, forse il primo attore universalmente noto.
L'aspetto eroico di Chaplin non è quello di far ridere, quello è un talento che la sorte gli ha dato e la sua costanza ha affinato, la sua vera natura eroica lo si vede nel viaggio che Stassi fa fare a Chaplin, attraverso l'America in treno, alla ricerca di una acrobata che dovrebbe conservare il segreto dell'invenzione del cinema. E' in questo viaggio, in questa specie di moderna ricerca del Graal, che si vede il coraggio di Chaplin, coraggio di fare una cosa giusta anche se difficile, di onorare l'amicizia anche a scapito del proprio particolare interesse, di rispettare le persone in quanto persone e non solo perchè facenti parte della propria comunità .
Deve essere per questo aspetto avventuroso, di questo far vedere la purezza anche dove sarebbe difficile scovarla, che i libri di Stassi mi affascinano.