Invitati dal Salone del libro di Mosca, dieci scrittori
italiani (otto uomini e due donne) percorrono la Transiberiana, fino a
Ulan Udè, ovvero a 5640 km da Mosca, condividendo, nei giorni di
viaggio tra una fermata e l'altra, una carrozza del treno, accuditi
dalla Provodnitsa, "una figura che esiste soltanto in questo paese, una donna
"capovagone" che non fa la ferroviera e il cui compito principale è
tener acceso il samovar."
"Per carità -ci esorta l'autrice- non dite di esser stati in Siberia se ci siete andati con l'aereo: per esserci stati davvero occorre andarci con la Transiberiana."
Luciana Castellina ci racconta questo viaggio in una Russia che non conosciamo, in una Siberia che è molto distante dall'immagine che ci siamo rappresentati. Il clima diventa piacevole, quasi da gita scolastica, ma non tanto viene descritto lo spazio e il tempo passato nel treno, quanto quello alla scoperta di posti, abitudini e storia delle città attraversate. "La gente di questo immenso paese, pur così etnicamente differenziato, continua nel complesso ad assomigliare ai nostri connazionali vesuviani: fatalista, indisciplinata, straordinaria nell'arte di arrangiarsi, non proprio affascinata dal mito della produttività ".
Con uno stile effettivamente giornalistico (Luciana Castellina
è stata una delle firme più note de Il Manifesto) ci racconta storie di
persone, di uomini importanti, di scrittori e politici, passati e
presenti, che hanno contribuito alla storia del Paese. Troviamo allora
Zachar Prilepin, seguace di Limonov, Sergej Bolmat, autore dei Ragazzi
di San Pietroburgo, Vasilij Aksenov e altri e le loro vite ed esperienze
sono sempre alternate a riflessioni sulla storia dell'Unione Sovietica,
e sul senso del socialismo, per come è stato realizzato e dove ha
portato: "... si sa che le rivoluzioni non sono un pranzo di gala. Che faremmo però
se non ci fossero più? Io non vorrei rinunciarci, anche quando
finiscono male, perchè sono necessarie a pensare l'impensabile, a
guardare al di là delle sbarre del presente"."Per carità -ci esorta l'autrice- non dite di esser stati in Siberia se ci siete andati con l'aereo: per esserci stati davvero occorre andarci con la Transiberiana."
Luciana Castellina ci racconta questo viaggio in una Russia che non conosciamo, in una Siberia che è molto distante dall'immagine che ci siamo rappresentati. Il clima diventa piacevole, quasi da gita scolastica, ma non tanto viene descritto lo spazio e il tempo passato nel treno, quanto quello alla scoperta di posti, abitudini e storia delle città attraversate. "La gente di questo immenso paese, pur così etnicamente differenziato, continua nel complesso ad assomigliare ai nostri connazionali vesuviani: fatalista, indisciplinata, straordinaria nell'arte di arrangiarsi, non proprio affascinata dal mito della produttività ".
La narrazione, asciutta, è in qualche modo essenziale, non dispersiva, e molto caratterizzante, un po' alla maniera di Terzani o forse ancor più del Kapuscinski dei racconti dei viaggi in paesi lontani, temi preferiti dei suoi articoli e approfondimenti.
Scopriamo, nella narrazione, il problema ecologico del
mutamento del clima e della riduzione di permafrost che viene esposto
all'autrice da alcune ragazze uzbeke che parlano del mare di Aral, dove
vivono, e scopriamo anche che "in Siberia si fanno anche cose normali:per esempio si scia",
contemporaneamente ci viene raccontato il bagno ghiacciato nel lago
Bajkal al quale l'"allegra brigata " sacrifica il più giovane della
comitiva perchè la comitiva degli italiani non fosse da meno di quella
dei francesi che li avevano preceduti.
"Forse è proprio grazie alle lunghe ore di transiberiana che scopro il
senso mitico di questo treno. E quando guardo il tragitto sulla carta
geografica e le città che la ferrovia attraversa o cui si accosta, mi
rendo conto di quanto sia sconosciuta questa terra; di quanto poco ci si
ricordi che è più grande della grandissima Cina e dell'intera Europa; di
quanto poco spazio occupi nei nostri pensieri geopolitici"."Un viaggio di venti giorni non autorizza a parlare della Russia del 2012", ci dice l'autrice, eppure il ritratto della Russia che ne esce è autentico e vivace, storico e riflessivo, dando spazio nell'ultimo capitolo di chiusura ad una riflessione "politica" avvincente che riguarda anche le passate vicende politiche del nostro paese.
courtesy by Elisabetta Favaretti