Il paese di Dio di Percival Everett

Di questo autore non sapevo nulla e so ancora poco. Questo libro, arrivato fresco fresco insieme agli altri del catalogo Nutrimenti, รจ stata una piacevole sorpresa, primo perchรฉ si tratta di western americano verace e poi perchรฉ si tratta di western americano verace e divertente. Il western io lo conosco per i film che guardavo, con mio padre, seduta sul divano. Tra tutti, ricordo I Magnifici Sette con Yul Brynner che, anni dopo, ho scoperto essere un omaggio del regista John Sturges a I sette samurai di Akira Kurosawa. I Magnifici Sette a me sono sempre apparsi, appunto, magnifici, bellissimi, soprattutto la testa lucidissima e le sopracciglia disegnate col nero di Yul Brynner. A parte questo, i film del genere, da bambina di dieci anni massimo, li ricordo decisamente noiosi. Everett fa una parodia del mitico vecchio West, dei protagonisti, del modo di parlare.
Gli anni sono quelli tra il 1870 e il 1880 e i personaggi de Il paese di Dio non sono cosรฌ magnifici e integerrimi, ma quasi tutti delle caricature, dei disgraziati, dimenticati dall’Altissimo. Tra tutti, il protagonista e voce narrante, Curt Marder.
Il libro, che รจ una sceneggiatura pronta, comincia con la sua casa saccheggiata e incendiata:

“La prima cosa che ho visto รจ stato il fumo. Troppo fumo perchรฉ uscisse solo dal camino, cosรฌ ho spronato il leardo e ho scollinato di gran carriera. Altro che fuocherello domestico, era la mia canchero di casa a ferro e fuoco. Le fiamme rosse e gialle guizzavano alte nel cielo appena sotto una cappa di fumo denso. E tutt’attorno una combriccola di banditi, poco raccomandabili anche a un miglio di distanza, cavalcavano in tondo e schiamazzavano come ossessi. Un paio continuavano a scagliare torce verso la casa, altri due scoccavano frecce a destra e a manca, e un altro aveva sistemato la mia mogliettina sulla sua sella a mo’ di tappeto. Sentirla smoccolare in tutte le lingue m’ha fatto sentire orgoglioso, diavolo. Non distinguevo le parole esatte, ma il tono era quello di chi sacramenta con tutti i crismi.
Una freccia se l’era presa anche il mio povero segugio e metteva una gran pena vederlo correre di qua e di lร , vorticando su se stesso manco fosse finito dentro una tromba d’aria”.


Marder mette Tristo (il cane) sul cavallo e va in paese perchรฉ tutti vedano cosa gli รจ successo, ma il cane, senza accorgersi, lo perde per strada e gli rimane solo la freccia.
La vita non doveva essere certo facile sotto “l’impietoso e vasto cielo del West. Il caldo picchiava duro”, c’era solo whisky da bere e da regolarmente scroccare, qualsiasi posto, nonostante fosse una topaia, era ambita merce di scambio a carte, e tutti dicevano solo “essรฌ” e “ennรฒ” e puzzavano “da fare schifo”.

Marder arriva in paese, “quell'arrocco infame di baracche e stalle”.

“Ho cavalcato fino al centro del paese e sono capitombolato sull’arida terra tutta crepe, che all’urto รจ sembrata anche polverosa. Nessuno รจ accorso in mio aiuto e ho pensato che forse era l’afa a rallentare i corpi, ma mi ha messo tristezza pensare che alla gente non gliene importava piรน un fico secco del prossimo. Poi, in piedi sopra di me, รจ apparso Terkle, il piccolo barman dai capelli rossi, che ha detto qualcosa.
”Curt Marder, buono a nulla, scroccone, peccatore incallito, bestemmiatore, figlio d’un cane che non sei altro, mi devi tre dollari!”, ecco cosa ha detto.
Io l’ho fissato a bocca aperta, poi mi sono guardato, impolverato e disteso lรฌ per terra e gli ho detto: “I banditi mi hanno bruciato la casa”.
“Tre dollari, non ti ho addebitato un centesimo d'interessi. Se c'avessi un briciolo di buonsenso, non ti farei piรน credito, Nossignore”.
“Mi hanno bruciato pure il fienile”.
“E anche Petersen giรน all'emporio ha qualcosa da dirti”.
“Hanno pure rapito mia moglie”.
“Stavolta non ti approfitterai della nostra caritร  cristiana”.
“Mi hanno fatto fuori il cane”.
“Ti hanno fatto fuori il cane?”.
“Con questa freccia qui”. Ho alzato quello strumento di morte e gliel'ho mostrato. “Il cane era infilzato qui, ma me lo sono perso per strada”.
Lui s'รจ seduto accanto a me. “T'hanno accoppato il cane?”. Ha scosso la testa. “Che razza di selvaggi girano dalle nostre parti?”.
“Gente che sa il fatto suo”. Ho guardato il cielo e ho capito che non c'era altro tempo da perdere. “Ho bisogno d'aiuto”.
“Sei arrivato a casa e hai trovato il cane infilzato con questa, รจ cosรฌ?”.
“Non proprio. Li ho visti quei manigoldi. Li ho visti scoccare questa freccia al mio cane e sghignazzare mentre lui girava su se stesso davanti ai loro occhi”.
“Gli hai sparato?”.
“Beh, erano fuori tiro, capisci? Perรฒ ho sfoderato la pistola e acciderbola se non se la sono filata a gambe levate”.
“Caspita, Marder, sono mortificato di averti aggredito cosรฌ dopo che avevi appena assistito all'accoppamento del tuo cagnolino e tutto il resto”, ha detto Terkle.
“Non importa, Terk. In effetti non รจ facile capire che c'รจ qualcosa che non va in un tizio sdraiato per terra con una freccia insanguinata in mano”.
“Forse hai ragione”. Terkle ha respirato a pieni polmoni e ha guardato il cielo. “Dร i, vieni in taverna che ti offro un goccetto”.
Mi ha dato una mano ad alzarmi. “Davvero gentile da parte tua”.
“Cosรฌ il debito sale a tre dollari e dieci centesimi”.

Anche un personaggio fondamentale de Il paese di Dio, come in Fine Impero di Giuseppe Genna, si chiama Bubba, non zio, ma nero. Bubba รจ il braccatore che Marder assolda per scovare i banditi indiani, forse, che gli hanno rapito la moglie, di cui forse gli importa, dopo avergli promesso la casa che invece perde a carte, “il miglior segugio di tutto il circondario. Una leggenda. Un negro”. Alla compagnia dei due si aggiunge anche Jake, un ragazzino, forse. Insomma nel lontano West, tutto sembra presunto, la proprietร , gli indiani, i legami familiari, il genere. Poi ci sono anche il biondissimo generale Custer che ama vestirsi da donna, i Pellerossa burloni, i saloon, con relative intrattenitrici nelle stanze in cima alla scala. C'รจ l'America delle leggi razziali e la frontiera.

Il paese di Dio
Percival Everett
Nutrimenti
traduzione Marco Rossari

courtesy by Sabina Rizzardi

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