OLTRE IL GIARDINO di Jerzy Kosinski

Una domenica d'inizio perimavera, con il sole e la brezza, il cane nero che assorbe i raggi steso sui masegni delle Zattere, i cocài (gabbiani in veneziano) che vociano, un po' d'acqua fresca e Oltre il giardino di Jerzy Kosinski con la prefazione di Giorgio Vasta, equivalgono a una manciata d'ore di serenità.

Questo libro vale due volte: per il romanzo e per la ricca prefazione, dalla quale leggiamo:

Chance è lo stato d'animo che avvertiamo a volte scrivendo o leggendo, quella insostenibile meravigliosa coesistenza di euforia e di frustrazione, di fluidità e di frizione, di mitezza e di rivolta. Lo snervamento che ci prende quando sentiamo che la letteratura è il tempo che ci manca, quel tempo out of joint (fuori di sesto, disarticolato, divelto) che Amleto percepisce davanti allo spettro del padre - un tempo fatto come una superficie liscia e vuota, la «pagina bianca» dove le ipotesi di vita si moltiplicano e si intersecano.

Life is a state of mind, è la frase che conclude la versione cinematografica di Oltre i giardino.
Chance è uno stato mentale.
La letteratura è uno stato mentale.


E allora accogliamo, a braccia aperte, Chance il giardiniere, orfano che sin da piccolo cura il giardino del Vecchio che lo accoglie nella sua casa. Chance esiste solo in quel preciso giardino e in quella precisa casa, non ha passato, non ha famiglia (l'albero genealogico glielo crea Giorgio Vasta nella prefazione, inserendolo nella stirpe dei personaggi cavi), non ha documenti di alcun genere che lo collochino nel mondo che si trova oltre il giardino, separato dalla strada da un alto muro di mattoni rossi coperto d'edera, e la quiete non era turbata dal rumore delle macchine di passaggio. Chance ignorava le strade. Pur non avendo mai messo piede fuori di casa e fuori del giardino, non provava nessuna curiosità per la vita di là dal muro.

Chance è una pagina bianca dunque, ma non è vuoto, e nemmeno stupido, poiché non si è mai riempito. Le cose che intende nella vita sono il giardino del Vecchio e i programmi televisivi che guarda senza sosta e, ogni volta che verrà interpellato, risponderà mite, parlando del giardino che conosce e ricordando le reazioni dei personaggi della tv in situazioni simili.


EE sedette sulla sponda del letto; Chance si tirò indietro per farle più posto. EE si tolse i capelli dalla fronte e, guardandolo in silenzio, gli mise una mano sul braccio. [...]
Frugò nella memoria per rievocare situazioni viste alla tv in cui una donna avanzava verso un uomo su un divano, su un letto o dentro un'automobile. Di solito, dopo un po', finivano per trovarsi vicinissimi, e spesso erano parzialmente svestiti. Poi si baciavano e si abbracciavano. Ma alla tv quello che succedeva dopo veniva sempre ignorato: sullo schermo appariva un'immagine nuova di zecca: l'abbraccio tra l'uomo e la donna era totalmente dimenticato.


In una commedia degli equivoci esilaranti, nella quale le parole letterali di Chance diventano metafore per coloro che le ascoltano e le riempiono di significato, la casa diventa metafora di azienda, il giardino di economia. Di equivoco in equivoco, prima di tutto quello sul suo nome, Chance diventerà uomo stimato e ricercatissimo da uomini d'affari, da politici, dalla stampa, dal Presidente degli Stati Uniti in persona, che lo citerà in uno dei suoi discorsi. Grazie alla postura rigida e al viso inespressivo diventerà simbolo di integrità morale e di fascino irresistibile tra le signore dell'high society; grazie alla sua totale mancanza di passato, sarà l'unico candidato possibile a ricoprire un ruolo importantissimo. Sulla superficie vuota di Chance leggiamo la letteralità come provocazione, qualcosa di così insostenibile da essere di continuo convertito in letterario. 
È attraverso il letterale che viene detto l'indicibile; Oltre il giardino è, infatti, anche un romanzo satirico sull'America degli anni Settanta.

E allora riprendiamoci, a braccia aperte, quel tempo bianco. Né con il rifiuto né con la rassegnazione. La rivolta è un comportamento neutro, sereno. Mite, appunto.

Il Profilo bio-bibliografico di Jerzy Kosinski, che segue la prefazione, si conclude così.
Kosinki la fine della propria "veglia" la decide e lascia questo biglietto:

«Vado a dormire un po' più a lungo del solito. Chiamatela pure Eternità».


courtesy by Sabina Rizzardi

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