«Non chiamarlo Manuela».
«Perché no?»
Quattro grandi, feroci cani neri, una specie di Cerbero a quattro teste, stanno a guardia di questo Inferno, il cui antro più caldo è un decrepito bordello di campagna, il cui personaggio più caldo è Manuela, il travestito Manuela. Per vecchia che fosse, sarebbe morta cantando e con le piume addosso, con il suo abito di rosso e stanco percalle, le reni inarcate e tutto, e i piedi nel fango e le cacche di pollo. Lei è la regina delle feste, durante le quali rudi uomini Battono il tempo con i tacchi sul pavimento di terra, battono con le mani sui tavoli zoppi dove vacillano le lampade.
Ad ogni buon conto guardò in cima alla strada, verso il viale alberato che da quella parte delimitava il paese, tre isolati più in là. Nessuno. Neanche un'anima. In questo Inferno ci sono solo notti scure piene di vento e di stelle, le distese di vigneti del latifondista Don Alejo, il padrone dei cani, e quel che resta di un villaggio che da sempre aspetta l'arrivo dell'elettricità, promessa dal senatore Don Alejo; c'è anche la Giapponesina, tenutaria del bordello e figlia di... Manuela, e c'è Pancho Vega, che non riesce a togliersi dalla testa gli occhi di quella vecchia checca, tutti illuminati, due ampolle di vetro, come li ricordava tra le sue mani. Ah, come vorrebbe chiudere gli occhi, Pancho Vega, ma ci sono apparenze da ingannare.
Un mondo contadino e pratico, dove si conta soldo su soldo e non si spende nulla. Le donne del paese si erano messe d'accordo: non era il caso di protestare, anche se quella sera dovevano restare a casa, pur sapendo benissimo che tutti gli uomini sarebbero andati dalla Giapponese. [...] L'importante era che stessero vicino a Don Alejandro, che lui li vedesse alla festa, e che quasi involontariamente e come per caso gli ricordassero la faccenda di quel terreno, di quella partita di vino che aveva promesso di vendere con lo sconto... Insomma, un gran bordello di lingue affilate.
Linguaggio orale, flusso di coscienza, bruschi mutamenti di soggetto e di punto di vista, immagini surreali di un realismo fotografico, rimandi e corrispondenze tra l'interiorità dei personaggi e un esterno che la riflette come uno specchio scuro, come leggo nella nota bio-bibliografica di Francesca Lazzarato.
IL LUOGO SENZA CONFINI
di José Donoso
a cura di Francesca Lazzarato
progetto grafico Riccardo Falcinelli
pagine 149, € 14
Edizioni Sur