IL CINGHIALE CHE UCCISE LIBERTY VALANCE di Giordano Meacci


Può capitare che un libro ti prenda male e per strada, leggendolo, cambi idea? Può capitare che le prime cento pagine siano una salita che ti spezza il fiato e poi che tu sia contento dei panorami che vedi dopo? Con il narratore ingombrante del libro di Meacci è quello che mi è successo. Narratore ingombrante come contrapposto al narratore invisibile che prediligo, ingombrante perché l'azione (l'azione?) è continuamente interrotta da digressioni al limite. Eppure mi sono affezionato agli abitanti di Corsignano, ad alcuni in particolare, a quelli minori, a quelli messi lì che non sai per quale motivo, quasi come tanti di noi. E, lo ammetto, mi sono affezionato al narratore ingombrante: subito si capisce che è bravo, maledettamente bravo, solo dopo capisci quanto ti sta vicino pur raccontandoti cose che all'inizio non ti interessano, poi invece vedi che ti fa fare un giro strano, contorto, ma è lo stesso giro che facciamo noi quando pensiamo, e che quando troviamo nei libri quelle semplici e consolanti relazioni di causa-effetto, quei dialoghi che ci sembrano così naturali ma che nella vita non ci è mai capitato di avere, ecco, sono quelli i libri che ti prendono per i fondelli.
Lascio a voi scoprire come fa un cinghiale ad essere protagonista di un romanzo, iniziare a leggere in cinghialese, conoscere le tante poche persone che fanno parte di Corsignano.
Vi risparmio ogni paragone con altri scrittori, per la lingua usata o per la capacità affabulatoria o per il gusto di tirare in ballo le storie di passate generazioni, le famiglie, i legami di parentela.

Nessuna citazione, solo:
Think back, pilgrim

Giordano Meacci
Il cinghiale che uccise Liberty Valance
452pp,  16€
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