Miriam non è il suo nome, lei si chiama Malika. Non è ebrea, Malika è
una rom, una zingara. È entrata ad Auschwitz con cugina e fratello, nel
settore degli zingari, quando arriva a Ravensbruck è rimasta sola ed è diventata
Miriam. Non lo ha pianificato, è stata una coincidenza ma ben presto si
rende conto che le conviene: le SS trattano meglio gli zingari ma tutti
gli altri prigionieri trattano meglio molto meglio gli ebrei e con gli altri prigionieri ci devi vivere tutto il tempo che ti resta.
Questo è un libro sui campi di concentramento, su quello che è
successo a ebrei, zingari, prigionieri politici che sono entrati nei
campi: una delle poche opere di fiction dedicate a questo argomento come
scrive Larsson nella sua postfazione.
Ma non è solo questo: Malika non può abbandonare la sua bugia , semplicemente non può, nemmeno a
guerra finita, nemmeno dopo la liberazione dal campo. La verità sarebbe troppo per quelli che la circondano, farebbe crollare tutto quello che ha, le farebbe odiare tutte le persone che ha vicino. Solo il giorno del suo ottantacinquesimo compleanno, le dighe crolleranno.
Questo è un
libro che si basa su fatti storici, non solo della guerra, anche del
dopo, della Svezia dove Miriam si rifugia a guerra finita e dove troverà
libertà e futuro, della Svezia che negli anni '50 ha accolto gli ebrei
ma perseguita i propri zingari, i tattare.
Questo libro racconta la tragedia
privata di Miriam che si costringe a far tacere Malika e il suo
popolo per poter sopravvivere, racconta la tragedia pubblica di un paese, la
Svezia, dove l'accoglienza sì ma solo per alcuni.
Ovviamente queste
cose sono successe in Svezia decine di anni fa, non hanno nessun
legame con l'attualità, noi europei non siamo minimamente paragonabili
agli svedesi del dopoguerra. Quindi leggete pure, rabbrividite e commuovetevi per i racconti dei campi, compatite la povera Miriam/Malika, per fortuna quei tempi sono andati, non c'è più nessuno che bussa alle nostre porte a domandare aiuto e se anche c'è, noi lo accogliamo, ascoltiamo la sua storia senza guardare provenienza e religione. Non è così?
Io non mi chiamo Miriam
di Majgull Axelson
tradotto da Laura Cangemi
pagine 562, 19,50 €
edizioni Iperborea