Colpita da una scritta apparsa su un
muro di Lecce, l'autrice, filosofa scrittrice legata al mondo del femminismo della seconda
ondata definito "della differenza", ci conduce in un'analisi non facile ma appassionante
dell'uso della forza, della violenza e dell'azione nella ricerca della costruzione di una
società migliore fondata sulla pace e l'armonia. Gli individui, spiega, dato per certo
che il contratto sociale non viene rispettato dallo Stato, possono riprendersi il tacito
consenso all'ordine che regola la convivenza e riprendersi l'intera disponibilità di
sè e della propria forza. Non per questo si imbarbariranno.
Mentre l'uso della forza da parte dello
Stato è diventato irresponsabile, possiamo smettere di farci risucchiare da forme
politiche senz'anima e invece trasformare in politica le forme di convivenza e
civiltà che pratichiamo quotidianamente.
Contro il potere dunque possiamo
opporre la Politica, che è ben altro, ma "a chi detiene un potere io non mi presento
dichiarando che ho rinunciato all'uso della forza fino alla violenza se necessario... Chi non usa
la sua forza quando gli sarebbe utile e necessario, sembra stupido, ma chi vi ha rinunciato
a priori, lo diviene realmente."
E qui, ricollegandoci al titolo del
pamphlet, scopriamo che la violenza non è a nostra discrezione, non possiamo farne quello
che vogliamo, ma piuttosto si impadronisce di noi, quasi fosse dio, e noi possiamo
diventare un mezzo di manifestazione della violenza, di una violenza giusta in quanto divina.
L'azione politica per avere successo
non è "azione violenta" ma "azione possibile ed efficace", la quale comporta a
volte una certa dose di violenza.
Quanta? "Quanto basta per
combattere senza odiare. Quanto serve per disfare senza distruggere".
Oltre a proporci un percorso che
attraversa il contratto sociale, il contratto sessuale, il monopolio statale della violenza,
percorso ricco di analisi culturali e storiche, l'autrice esorta i lettori e in particolare le
lettrici ad opporre la propria rabbia, consapevoli dei rischi che ciò comporta, della paura
che la violenza (di dio) può fare, allo scopo di ottenere un'esistenza libera e un
benessere condiviso.
courtesy by elisabetta favaretti