Questo libro me l'ha consigliato un amico israeliano. Il consiglio era di un po' di tempo fa e al primo momento libero l'ho iniziato, senza nemmeno pensare se ero in condizione di sopportare l'apnea a cui si va incontro leggendolo. Si inizia e ci si inabissa, l'autore ti porta un po' alla volta sempre più sotto e senza rendermi conto leggevo lunghi brani del libro trattenendo il respiro, come se fosse l'unico modo per sopportare il racconto.
Eyal Weizman è israeliano e il suo libro parla molto ma non solo dell'occupazione israeliana di Gaza, diciamo che Gaza, le azioni di Israele, quanto è stato fatto nel corso degli ultimi anni, è un valido esempio delle tesi che il libro tratta.
La tesi di fondo è quella relativa al titolo, la possibilità di individuare il minore dei mali possibili, come ingegneri che calcolano il valore massimo o minimo a determinate condizioni. Questo concetto è stato usato sempre di più negli ultimi venti anni quando si ha a che fare con problemi di ordine pubblico o di lotta al terrorismo o di vere e proprie guerre.
Il libro va a contestare questo concetto su due fronti, primo quello teorico, accostando il minore dei mali possibili al panglossiano migliore dei modi possibili. Il minore dei mali possibili oggetto di calcolo presuppone che non ci siano alternative, che lo scenario sia dato, che la conoscenza delle possibili risposte future sia noto. Presuppone che comunque il male non possa essere evitato, solo ridotto, presuppone che un'azione distruttrice e violenta sia solo mitigabile e non evitabile: questo è l'aspetto più grave che viene passato sotto silenzio e a cui ci siamo sempre più abituati.
Nel libro si trattano tre situazioni concrete: la carestia in Etiopia
del 1984, la costruzione del muro in Cisgiordania e la distruzione degli
edifici a Gaza durante l'intervento israeliano del 2009.
Il secondo fronte di contestazione a questo concetto è metodologico: se chi calcola il minore dei mali possibile è uno Stato quando decide come e quando bombardare, potrà non piacere ma è sempre una guerra. Ma ormai siamo andati oltre: questo stesso concetto viene accettato dalle organizzazioni umanitarie, questa mitigazione della violenza tramuta operazioni di guerra in operazioni umanitarie, forme tattiche di riduzione del danno per i civili diventano strategie per la modifica del diritto di guerra. In questo gli esempi del libro sono illuminanti: la carestia in Etiopia
del 1984, la costruzione del muro in Cisgiordania e la distruzione degli
edifici a Gaza durante l'intervento israeliano del 2009.
Alla fine del libro capisci meglio come funzionano le ONG e come poterle distinguere, perchè sia così speciale una organizzazione come Emergency, perchè sia interesse degli stati e di molte organizzazione umanitarie che i profughi vengano "concentrati" nei campi.
Ci sono poi delle frasi del libro che non riesci a toglierti dalla mente:
"La tragedia di Gaza non può essere valutata, nel suo complesso, in base al numero di morti violente o causate dalla fame che si registrano nella Striscia. Piuttosto, occorerebbe che il calcolo fosse fatto prendendo in considerazione un processo più lento e cumulativo, in cui le morti che si sarebbero potute evitare non sono state prevenute. [...] è ormai diventata comune una forma di uccisione molto più sottile: quella messa in atto attraverso la degradazione delle condizioni ambientali, della qualità dell'acqua, dell'igiene, dell'alimentazione e delle cure; attraverso la riduzione del flusso di materiali necessari per costruire le infrastrutture che sostengono la vita; attraverso il divieto di importazione di purificatori per l'acqua e di vitamine (soprattutto la B12); e attraverso le restrizioni alla pianificazione sanitaria e al trasferimento dei pazienti. Questa forma di omicidio - quasi di natura malthusiana - cerca apertamente di controllare le condizioni di vita dei palestinesi e fa parte dell'attuale politica israeliana a Gaza. E' difficile stabilire delle percentuali di eccesso di mortalità relative alle morti evitabili che non sono state prevenute, o che sono state consentite intenzionalmente"