"Una casa editrice che si pone
l’obiettivo di far conoscere in Italia la letteratura contemporanea
in lingua persiana prodotta in Iran, Afghanistan, Tagikistan e
all’estero, principalmente Stati Uniti e Europa, dove molti
scrittori provenienti da questi paesi vivono e lavorano."
Queste sono alcune delle parole con cui
Ponte33 si descrive. Tra i suoi primi libri pubblicati c'è, appunto,
la raccolta di racconti "I fichi rossi di Mazar-e-Sharif"
di Mohammad Hossein Mohammadi, nato nel 1975 proprio a
Mazar-e-Sharif, in Afghanistan.
Sapete la mia passione per la voce
multiverso degli scrittori trenta-quarantenni e per il genere
"finito" dei racconti. A parlarci dell'infinita guerra in
Afghanistan, sono le persone coinvolte, giorno dopo giorno, proprio
tutte, anche quelle che non ci sono più.
- Ci hanno trovato – ho detto.
- Stavamo in pace – ha detto mio padre – e adesso si ricomincia con la confusione.
- Eh sì – ha detto mio zio materno – ci hanno trovato!
- Non capiscono che i morti non vanno svegliati – ha detto ancora mio padre.
- Noi non siamo morti – ho risposto io – siamo stati uccisi.
Zio non ha detto niente. Ha riso
soltanto, la stessa risata di quando era vivo.
I quattordici racconti sono tutti
collegati tra loro, anche se i protagonisti non si conoscono,
l'interazione avviene, in mezzo ai precisi rumori meccanici della
guerra. Qualcuno è stato risvegliato, qualcuno l'aveva addormentato
muovendo solo un dito su un pezzo di metallo fatale, qualcuno ancora
ci ha guadagnato un paio di stivali nuovi e così i piedì non se li
bagna più nella neve alta.
Ci sono due racconti,"I morti",
da cui viene l'estratto precedente, e "Non svegliamo i
bambini!", che sono come il Freddo e il Caldo, e ciò che
possono rappresentare. Per me non c'è niente di più freddo di un
corpo freddo e nulla di più caldo di un corpo caldo. In condizioni
estreme, come la guerra, il loro elevamento a potenza dev'essere
incalcolabile, così arido da una parte e così fecondo dall'altra.
Il protagonista di "Non svegliamo
i bambini!", dopo aver sepolto un soldato, al freddo, in mezzo
alla neve alta, nella terra gelata, sotto la pioggia, fa ritorno
nella sua piccola casa. Dentro c'è caldo e c'è sua moglie che
dorme.
Richiuse la porta alle sue spalle,
alla luce della lampada guardò la camicia slacciata della moglie e
poi i figli che dormivano un po' più in là , vicino alla stufa.
Andò accanto alla stufa, vi buttò
dentro qualche pezzo di legna e rimase fermo a scaldarsi un po'.
Dal punto in cui si trovava, il suo
sguardo si insinuò dentro la scollatura aperta della moglie.
La legna cominciò a crepitare. La
donna aprì gli occhi e lo guardò.
- Sei uscito di nuovo? - chiese.
Si sollevò a metà lasciando
intravvedere l'incavo tra i seni. Lui le si avvicinò facendo
scivolare a terra lo scialle. Non sentiva più il crepitio della
legna.
La donna sussurrò ansimando: - Non
svegliamo i bambini!
courtesy by Sabina Rizzardi