Stig Dagerman, l'autore, è stato
bambino; è stato un bambino abbandonato dai genitori e cresciuto dai
nonni, nelle campagne svedesi; è stato un anarchico; è stato un
genio che ha pensato di gestire il proprio talento in maniera
definitiva. Forse, chissà, è andato proprio là, dove le stelle
vanno davvero “a far la spesa alla Cooperativa!”.
In questa piccola antologia ci sono
racconti, poesie, riflessioni di bambini e attorno ai bambini, che
sono tutti poeti, all'essere genitore e all'educazione (chi educa
chi?).
Comincia con “Memorie di un bambino”,
così:
Si
comincia presto a creare poesie. Da bambini si è tutti poeti. Poi in
genere ci fanno perdere l'abitudine. L'arte di diventare poeti, tra
le varie cose, è non lasciare che la vita, la gente, i soldi ci
facciano perdere questa abitudine.
Io mi sono abituato molto presto a «inventare». La realtà - parola troppo sofisticata - diventava più calorosa, più interessante e divertente da osservare, se la si modificava un po'. Non troppo, giusto quanto bastava. Vivevo in una vecchia casa rurale, in alto, sopra un fiume ampio e impetuoso. Sotto la casa correvano vene d'acqua sorgiva, perciò faceva sempre freddo e c'erano correnti d'aria. La fattoria era isolata in mezzo ai campi e dei miei primi anni ricordo solo gli inverni, quando il vento arrivava ululando e copriva di neve il mondo intero. La neve si ammassava fin sopra le finestre e non si usciva quasi mai. Era già un'avventura spingersi fino al secchio della spazzatura che si trovava all'ingresso, dove la neve si infilava turbinando sotto la porta, come una lettera. La casa brulicava di zie, di zii e di gatti. Gli adulti litigavano in continuazione. I gatti piagnucolavano. Io andavo ad acciambellarmi come un gatto davanti al camino, al caldo, mentre un cugino più grande, che ammiravo molto, si sedeva sul suo letto e riusciva a sputarmi esattamente sui piedi, nonostante la distanza. Una mattina d'inverno, in cui come al solito me ne stavo a letto a lungo, perché ero ritenuto gracile – e forse lo ero anche – sentii miagolare e lamentarsi sotto la coperta. La sollevai e vidi che il letto era pieno di micini: una gatta aveva figliato accanto a me mentre dormivo.
Io mi sono abituato molto presto a «inventare». La realtà - parola troppo sofisticata - diventava più calorosa, più interessante e divertente da osservare, se la si modificava un po'. Non troppo, giusto quanto bastava. Vivevo in una vecchia casa rurale, in alto, sopra un fiume ampio e impetuoso. Sotto la casa correvano vene d'acqua sorgiva, perciò faceva sempre freddo e c'erano correnti d'aria. La fattoria era isolata in mezzo ai campi e dei miei primi anni ricordo solo gli inverni, quando il vento arrivava ululando e copriva di neve il mondo intero. La neve si ammassava fin sopra le finestre e non si usciva quasi mai. Era già un'avventura spingersi fino al secchio della spazzatura che si trovava all'ingresso, dove la neve si infilava turbinando sotto la porta, come una lettera. La casa brulicava di zie, di zii e di gatti. Gli adulti litigavano in continuazione. I gatti piagnucolavano. Io andavo ad acciambellarmi come un gatto davanti al camino, al caldo, mentre un cugino più grande, che ammiravo molto, si sedeva sul suo letto e riusciva a sputarmi esattamente sui piedi, nonostante la distanza. Una mattina d'inverno, in cui come al solito me ne stavo a letto a lungo, perché ero ritenuto gracile – e forse lo ero anche – sentii miagolare e lamentarsi sotto la coperta. La sollevai e vidi che il letto era pieno di micini: una gatta aveva figliato accanto a me mentre dormivo.
Poi arriva “Difficoltà di genitori”
di cui riporto questo lungo estratto. A me che non ho figli, capita
coi cani, di capire, a volte, che il punto da cui si osserva il mondo
può essere diverso e anche migliore, dato l'effetto che poi ne
deriva:
Comunque: una sera, in una casa in
via di ristrutturazione, capitò che due bambini si rifiutassero di
prendere sonno. Saltarono giù dal letto, fecero cadere le scale
degli operai, si imbrattarono i pigiami di vernice e chiamarono il
centralino di quel piccolo comune per dire alla signorina che era ora
di andare a dormire. I genitori in un primo tempo cercarono
pazientemente di rimetterli a letto, ma loro scattavano su come
molle. […] Allora il padre ebbe un'idea. Disse ai ragazzini che se
non volevano sentire ragioni, li avrebbe portati fuori a fare una
lunga, lunga passeggiata nella notte. Fuori pioveva e c'era un buio
pesto: finalmente calò il silenzio nella stanza dei bambini.
“Salvi”, sospirarono i genitori sollevati. Finché non scoprirono
la ragione di quel silenzio: i bambini si erano precipitati a
vestirsi per la passeggiata promessa. Non restava altro da fare che
uscire nel buio e nella pioggia, i ragazzini erano spaventosamente
svegli e l'ingenuo padre si rese conto che quella che per lui doveva
essere una punizione agli occhi dei figli era invece una fantastica
avventura. Soli nel bosco, per strada, nel cuore della notte, mentre
le volpi sono a caccia e tutti gli altri bambini dormono! […]
“Le stelle continueranno a
seguirci, papà?”
“Sì.”
“Fino alla Cooperativa?”
“Mmh.”
“Ma cosa ci vanno a fare alla
Cooperativa?”
“?”
Fu una passeggiata memorabile, si
fermarono e restarono a lungo ad ascoltare il mormorio notturno di un
ruscello, alla fine il padre si sentì pervadere di dolcezza. Arrivò
qualcuno in bicicletta e il padre, vergognandosi, cercò di
nascondersi dietro un cespuglio insieme ai bambini. Ma il ciclista
aveva sentito le voci dei piccoli, si fermò e illuminò i due
ragazzini, non il padre che si era tirato indietro.
“Dove state andando voi?”
domandò sospettoso.
E il più piccolo rispose
esultante:
“Andiamo al night club.”
“Andiamo al night club.”
Quando la famiglia rientrò dal
night club i bambini si addormentarono immediatamente, ma il padre
rimase un po' sveglio a riflettere sull'educazione. Cominciava a
capire qualcosa a proposito dell'educatore ideale di cui parlava
Swift [quello lo lascio scoprire a voi], talmente ideale da sapere
perfino mutare una punizione in avventura e raggiungere comunque
l'effetto desiderato.
Ma capita così di rado che le stelle vadano a far la spesa alla Cooperativa!
Ma capita così di rado che le stelle vadano a far la spesa alla Cooperativa!
Piccolo dettaglio sui libri lunghi e
stretti di Iperborea. Essendo cuciti, si possono aprire bene bene,
con la mano che calca, con grande soddisfazione. Sono fatti apposta
per essere squadernati.
courtesy by Sabina Rizzardi