Ci sono giorni in cui i morti si pestano i piedi a vicenda sulla nostra via principale. Parlano tutti assieme e non si rendono conto delle sciocchezze che raccontano. Il brusio delle voci aleggia sulle loro teste. E poi ci sono giorni in cui invece non c'è nessuno. Non so che fine facciano. Forse lo saprò quando sarò una di loro.
E' Baba Dunja che racconta, questa anziana signora, che a volte si ritrova a parlare con il marito morto, con la figlia lontana, in un altro paese e la nipote che ha visto solo in foto e che parla una lingua diversa dalla sua. E' Baba Dunja che racconta in prima persona, la sua vita in questo villaggio che è stato abbandonato dopo Chernobil, villaggio contaminato dalla radiazioni dove nessuno ci vive più: fino a quando lei ci ritorna, stufa della vita nella città dove era stata trasferita.
Torna nella sua vecchia casa, anche se tutte le case sono vuote, la sistema e inizia a coltivare l'orto. Lei è la prima e un po' alla volta ne arrivano altri, pochi, sufficienti per fare una piccola comunità .
La scrittrice, tramite la voce di Baba Dunja, con molta leggerezza e tanti sorrisi, ci fa scoprire quanto possa essere forte l'amore per la vita, anche proprio di fronte alla morte: perchè si è in un posto contaminato, perchè si è anziani.
Baba Dunja è diventata famosa suo malgrado, tutti la conoscono e la rispettano per quella che è stata una sua azione, fatta per se stessa: tornare ad abitare in quel villaggio contaminato. Quelli che sono tornati hanno seguito il suo esempio e si aspettano che sia lei a decidere quando c'è un problema. Quelli che non l'hanno seguita, in qualunque modo la pensino, la conoscono e la rispettano. Lei questa fama non la vuole, non l'ha cercata eppure capisce che non può rifiutarla e la trasforma in responsabilità : quella che ha sempre avuto per la famiglia, adesso si espande.
L'ultimo amore di Baba Dunja
di Alina Bronsky
tradotto da Scilla Forti
pagine 165, 14,50 €
edizioni Keller 2016