Se dobbiamo combattere, che Dio ci metta nella trincea migliore e nella lotta più giusta

E' una gioia leggere questa autobiografia di Ernesto Sabato: è una gioia leggere di un uomo che ha saputo affrontare la propria vita, ha saputo cambiare, che ha saputo vivere.
Un uomo, uno scrittore, che viene da un'altra epoca, lontana non solo per gli anni trascorsi ma per la distanza etica che ci separa, noi in questo mondo, dal mondo di Ernesto Sabato.
Ernesto Sabato nasce nel 1911 e muore nel 2011, pochi mesi fa, a cento anni. La sua autobiografia, Prima della fine, è del 1997; uscita inizialmente da Einaudi e oggi riproposta dalla nuova casa editrice SUR con una nuova traduzione di Raul Schenardi.
Qui a fianco c'è la copertina di un numero della rivista SUR, rivista argentina fondata da Victoria Ocampo: a questa rivista Sabato collabora, in questa rivista uscirà il primo suo romanzo (Il Tunnel), a questa rivista la nuova casa editrice si ispira nel nome, nel logo e, lo spero ardentemente, nell'opera di esplorazione culturale.
Sabato è un uomo d'altri tempi, dicevo: decimo di undici figli, genitori emigrati dall'Italia in Argentina, riceve una rigida educazione dal padre ma riesce a studiare. Al liceo ha la prima svolta della sua vita: si avvicina prima all'anarchia e poi al comunismo. Per tutta la vita sarà un difensore, non da salotto ma militante, come ripete varie volte nel libro, dei diritti dei deboli e degli emarginati, dei diritti dei senza diritto. In  gioventù pensa che il comunismo sia la strada giusta ma ben presto si ricrede: questa sarà anche la prima occasione per "tradire": Sabato è una persona che sa cambiare ma chi non lo sa fare, chi per paura o convenienza non consente cambiamenti, per loro diventa in traditore. Questa crisi, questo passaggio difficile, si risolve tornando agli studi e ad un vecchio amore dimenticato durante la militanza: il mondo perfettamente razionale della matematica e della fisica. In quel mondo, dove tutto è razionale e dimostrabile, trova per un po' la pace. C'è una bellisima scena dove Sabato descrive il ragazzo che era quando si trovò di fronte alla prima dimostrazione di un teorema: Rimasi abbagliato da quel mondo perfetto e cristallino. Ancora non sapevo di avere scoperto l’universo platonico, estraneo agli orrori della condizione umana, ma intuivo che quei teoremi erano simili a maestose cattedrali, belle statue in mezzo alle torri crollate della mia adolescenza. Questa frase ha aperto i miei occhi, ha fatto risuonare in me la consapevolezza di aver provato la stessa passione per l'esatto e il misurabile.
Ernesto Sabato diventa un fisico di notevole importanza: lavora all'istituto Curie a Parigi prima della seconda guerra mondiale e poi va anche al MIT di Boston. Ma è a Parigi che il castello platonico della fisica non regge all'urto della realtà: Sabato frequenta l'ambiente del surrealismo diventando intimo di molti degli esponenti di spicco di questo movimento; sarà un incontro che lo mette nuovamente in crisi e lo porta al suo secondo tradimento. Tornato in Argentina lascerà il mondo universitario e della ricerca per dedicarsi all'arte e alla scrittura. E significativamente la prima parte di questo libro, la vera e propria autobiografia, termina con la pubblicazione del suo primo libro: come se le vicende che valesse la pena raccontare della sua vita fossero quelle che l'hanno portato finalmente ad essere se stesso, che l'hanno portato ad essere  scrittore. Poi parlano le sue opere.

Il suo concetto di scrittura e di arte è ben sintetizzato in queste poche parole:
Malauguratamente, in questi tempi in cui il valore della parola è andato perso, anche l’arte si è prostituita e la scrittura si è ridotta a un atto simile a quello di stampare banconote.Come dicevo in Lo scrittore e i suoi fantasmi: "Restano i pochi che contano: quelli che sentono il bisogno oscuro ma ossessivo di testimoniare il loro dramma, la loro infelicità, la loro solitudine. Sono i testimoni, i martiri di un’epoca." Destinati a una missione superiore, non si pongono l’obiettivo di tranquillizzare individui rinchiusi in una sacrestia, ma quello di demolire ogni conformismo, per restituirci il senso della nostra tragica condizione umana.

La prima parte inizia con la sua nascita e termina con la pubblicazione del primo romanzo. La seconda parte invece è un vero manifesto politico, una sintesi del pensiero sociale di Sabato.
Ecco cosa ne pensa del sistema economico che ci sovrasta:
Fallito il comunismo, si diffuse la menzogna che l’unica alternativa fosse il neoliberalismo. In realtà si tratta di un’affermazione criminale, come se in un mondo popolato solo da lupi e agnelli ci venisse detto: «Libertà per tutti, e che i lupi divorino gli agnelli». Si parla dei successi di questo sistema, il cui unico miracolo è stato la concentrazione, nelle mani del venti per cento della popolazione mondiale, di oltre l’ottanta per cento della ricchezza, mentre il resto, la maggioranza del pianeta, muore di fame nella miseria più sordida. Bisognerebbe domandarsi che cosa si intende per neoliberalismo, perché a rigore non ha niente a che vedere con la libertà. Al contrario, grazie all’immenso potere della finanza, usando i mezzi della propaganda e della pressione economica, gli stati più potenti si contendono il dominio del pianeta.
e della sua relazione con l'istruzione
Dobbiamo opporci allo svuotamento della nostra cultura, devastata da quei fanatici dell’economia che guardano solo al prodotto interno lordo – un’espressione perfettamente azzeccata – e stanno riducendo l’istruzione alla conoscenza della tecnica e dell’informatica, utile per gli affari ma carente dei saperi fondamentali rivelati dall’arte. [...] L’istruzione è la cosa meno materiale che esista, ma la più decisiva per l’avvenire di un popolo, perché è la sua roccaforte spirituale, e per questo è calpestata da chi vorrebbe vendere il paese come fosse una succursale delle grandi corporazioni straniere.
In questa seconda parte si parla anche della sua esperienza di presidente della commissione di inchiesta sui desaparecidos in Argentina.
La terza parte riguarda invece gli anni più vicini e soprattutto la perdita del suo primo figlio, una perdita che lo ha profondamente segnato e che ha rimesso in discussione tutte le sue sicurezze:
mi misi a indagare le religioni, la parapsicologia, le dicerie esoteriche, ma non cercavo Dio come un’affermazione o una negazione, cercavo una persona che mi salvasse, che mi tenesse per mano come si fa con un bambino che soffre. Bevevo come un assetato quello che in precedenza avevo letto con spirito critico.
Il libro finisce con un epilogo che è un appello ai giovani: nel corso del libro varie volte Sabato scrive che affronta la fatica della sua biografia solo per rispetto ai giovani, per poter dare loro qualcosa per affrontare il loro futuro. Nell'epilogo c'è una vera e propria esortazione ai giovani che vale la pena leggere:
riaffermo ogni giorno la mia fiducia in voi. Sono tanti quelli che, in mezzo alla tempesta, continuano a lottare, a offrire il loro tempo e persino la loro vita agli altri. Per strada, nelle prigioni, nelle baraccopoli e negli ospedali. E ci insegnano, in quest’epoca di falsi trionfalismi, che la vera resistenza combatte per valori che vengono dati per persi.
Anche se non volete comprare il libro, passate in libreria e leggetevi queste poche pagine, sono cinque minuti e possono essere molto utili.

Il titolo di questo post non è una frase di Sabato, ma una frase che Sabato mette nel libro e fa parte di una lettera di auguri che Marechal, un altro scrittore argentino suo amico, rivolge a Sabato e consorte: secondo me è la frase che può suggellare la vita di Sabato, scrittore ma soprattutto uomo che combatte e che, di volta in volta, sa cercare la trincea migliore e la lotta giusta.

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