Questa splendida copertina del New Yorker di Dicembre 2011 mi era sfuggita ma sull'ultimo Domenicale del Sole c'era un minuscolo richiamo.
Vale la pena osservare bene questa immagine, una possibile libreria del futuro (prossimo o remoto, non so) dove la commessa indica allo stupito cliente dove può trovare i libri: in un piccolo scaffale in basso. Tutto il resto dello spazio è occupato da altri oggetti: vediamo maglie e borse (con la faccia di Hemingway e Shakespeare, sai che consolazione), statuine, cappelli, lampadine per la lettura. Tutto fuorchè libri: potrà ancora chiamarsi libreria un negozio del genere?
Ho scritto libreria del futuro, in realtà il fenomeno è iniziato da tempo e in molte librerie è già evidente anche se non nelle proporzioni che la copertina del New Yorker raffigura.
Eppure la parte di NON-LIBRI (come in gergo libraio viene chiamato tutta la parte di cartoleria e oggettistica) è in crescita nelle librerie di catena e anche in molte librerie indipendenti.
Io vedo un controsenso in questo atteggiamento: il mestiere del libraio può essere diverso da molti altri mestieri a condizione (necessaria ma non sufficiente) di vendere libri. Se per continuare a vendere libri bisogna cedere spazio, risorse, energia a altre categorie merceologiche, che differenza rimane fra un libraio e un altro commerciante?