Si può fare di Birgit Vanderbeke

E' lunga la lista delle persone che dovrebbero leggere questo libro: sono tutte le persone che in qualche modo dai libri traggono ispirazione e spunto per diventare migliori come genitori, come persone, come uomini di questo mondo.
Faccio un solo esempio: chi vuole leggere libri sulla decrescita riesce di sicuro a trovare dei saggi sull'argomento, magari alcune narrazioni di persone che hanno applicato queste pratiche ma difficilmente troverà un'opera di fiction legata a questi temi: adesso con “Si può fare” questa opera c'è.
Adam e la narratruice della storia sono una coppia di tedeschi, lei logopedista, famiglia di media borghesia, lui tuttofare, famiglia con cinque figli e madre che va dentro e fuori i reparti psichiatrici. Lei è cresciuta “dentro”, dentro una società riparata, dove è possibile studiare senza occuparsi di altro, dove i privilegi sono molti, dove la vita è scandita da riti e tappe preordinate, laurea, buon matrimonio, famiglia. Lui è sempre stato “fuori”, dove la scuola è un di più, dove bisogna arrangiarsi, dove nulla ti è garantito. La loro storia a due inizia primi anni '80 e alla fine del libro siamo ai nostri giorni. Lei è disposta ad abbandonare il dentro, sicuro e facile, per il fuori di lui: lei dovrà abituarsi un po' alla volta ma sarà questa sua capacità di fidarsi del fuori di Adam, del vedere le cose in modo non convenzionale, a dare una possibilità a questa coppia. 
Adam non crede più nelle parole, lei è una logopedista: potrebbe essere una insanabile fonte di controversie. Invece lei capisce il suo punto di vista, vede la ricchezza in lui nella capacità di fare, di usare le mani per costruire, riparare praticamente tutto, nell'abilità a prendere decisioni con una facilità che non viene dal ragionamento. E lei continua a fare la logopedista e anche di più, aiuterà molti bambini con problemi di linguaggio e di comportamento.
Adam è il protagonista di questa storia, ma non può essere lui a raccontarla, lui non è per le parole. E allora è lei che ci racconta tutto, in modo esemplare anche dal punto di vista dello stile, usando il discorso indiretto in modo leggero, come se qualcuno ci raccontasse la storia. Ecco, noi siamo seduti al tavolo con lei, nella sua casa a mammamialaggiù (un posto così distante dalla città, c'è anche il nome ma un posto può valere l'altro), e lei ci racconta la loro storia, come è successo che lei sia capitata in quel posto, che sia ancora con Adam, che ci abbia fatto due figli, Anatol e Magali, che adesso abbiano un frutteto, che nel mezzo del frutteto ci sia una yurtha, che il vicino contadino, il signor Holtzapfel, si sia rimesso ad allevare galline di razza e che il turco della tavola calda vicino casa vada a macellarle secondo rito Halal.

Si può fare è il titolo del libro, è quello che Adam dice quando altri si arrenderebbero, quando una persona “dentro” comincerebbe a cercare un mutuo o a fare un progetto: ma Adam è “fuori”, per lui il si può fare è un “io posso fare”, io insieme a voi.
Per Adam la società sta aumentando il numero delle persone “fuori”, continueranno ad aumentare, lui è dalla fine degli anni 70 che lo sa:
“Negli anni Ottanta molti oscillavano avanti e indietro, arrivando direttamente dai Settanta ed entrando nel mondo direttamente dall'università, un mondo che al tempo non era propriamente un'avventura, né allettante, né inquietante, ma una specie di unica grande pillola di sonnifero con uno spesso rivestimento di zucchero colorato. Adam probabilmente ha ragione quando dice che negli anni ottanta ha avuto inizio l'istupidimento, il pappone sull'unità e in realtà il mondo non pretendeva dalla gente molto altro che essere deglutito, una pillola di sonnifero al giorno, così da essere fatti il più velocemente possibile e si cominciasse a dimenticare quello che si sapeva alla fine degli anni Settanta, ecco perchè tutti rimangono stupefatti dal modo in cui sono oggi le cose, perchè hanno dimenticato che loro stessi, già negli anni Settanta sapevano come sarebe andata. Roundup Ready. La terra che muore, le mense per gli outsider vecchi e poveri alle tavolate della misericordia.”

Adam va in giro a recuperare oggetti che vengono buttati via perchè odia lo spreco, non sopporta pagare per cose nuove quando le vecchie possono ancora funzionare.
"... ancora prima che Anatol venisse al mondo ecco che avevamo un lettino per bambini tutto sfasciato, che Adam avrebbe reso in quattro e quattr'otto a prova di bambino, nessun problema, un paio di stecche di metallo qui, dipinte di blu, di vernice dovrebbe ancora essercene, un mezzo barattolo che aveva riportato dall'ultimo cantiere in cui aveva lavorato, e il lettino così sembrerà nuovo, vedrai, e per il futuro aveva recuperato una vecchia e arrugginita bicicletta per bambini, con la rotellina sinistra spezzata, ma a che servono le rotelline, Adam aveva imparato ad andare in bicicletta direttamente senza, quindi le due rotelline le avrebbe semplicemente staccate, un campanello ce l'aveva ancora da qualche parte, bastava scartavetrarla, un po' di antiruggine e la vernice; Adam trovava sempre qualcosa di decente da strappare alla caducità, da portarsi dietro in un futuro, consacrato, secondo la sua ferma convinzione, alla più tremenda follia e al disastro perchè quelli ci avrebbero portato a un punto tale da ritrovarci talmente stupidi da non poter più pelare le patate, e saremmo stati del tutto incapaci anche di riattaccarci un bottone."

Ma a questo ben presto si associa un'altra esigenza più importante: quando si trasferisce in campagna sente l'urgenza di recuperare oggetti e saperi legati a quegli oggetti che stanno scomparendo: gli oggetti soppiantati da macchine e gli uomini che diventano vecchi e si porteranno in tomba le loro conoscenze. Allora lui impara, impara per sé ma impara come pegno per i figli, lui è preoccupato per i figli, per gli uomini di domani, vuole apprendere per poi insegnare, trasmettere questi saperi. In questo è un padre non comune, un esempio per chi voglia essere padre oggi, un padre che smette di essere un giovane uomo per diventare adulto nel momento stesso che si rende conto del figlio. E' geniale la pagina dove si racconta la prima parola detta dal primo figlio, Anatol, che non è né papà né mamma ma una parola che segnerà il destino di padre e figlio.

Leggete questo libro e non fatevi spaventare dall'ambientazione tedesca o dai riferimenti a canzoni qui in Italia mai sentite: si può non conoscere i Ton Steine Scherben ma si può sentire comunque un'affinità con testi tipo “Distruggete quello che vi distrugge”.

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