Vi trascrivo la bandella:
"Con la fine della Prima Guerra Mondiale, ormai ottantenne, Violette Auilhaud decide di raccontare una vicenda incredibile che ha vissuto in prima persona nel suo piccolo villaggio dell'Alta Provenza.
Nel 1852, quando Violette ha solo diciassette anni, gli uomini del suo villaggio, dichiaratamente repubblicani, e quindi ostili a Luigi Napoleone Bonaparte, vengono arrestati o deportati, e chi cerca di fuggire (tra questi proprio il promesso sposo di Violette) viene passato per le armi. Per due anni nel villaggio, condotto da sole donne, non si vedono uomini: né ladri, né autorità e nemmeno preti. Ormai sfinite dalla fatica e dalla mancanza di amore, le donne stipulano tra loro un patto. Il primo uomo che apparirà all'orizzonte dovranno dividerselo, per poter ridare vita al villaggio."
Inizio a leggere il libro e mi fermo subito: non riesco a crederci. La storia, l'avete letto, sembra una storia inventata. Pensavo fosse una finzione letteraria. Non lo è. Ho pensato allora che Violette Ailhaud fosse una scrittrice che riportava fatti successi ad altri. Invece no. Violette Ailhaud è proprio la diciassettenne, figlia di contadini, contadina anche lei, che racconta, ormai vecchia questa storia. I miei dubbi venivano dalla scrittura, il racconto inizia così:
Viene dal fondo della valle. Ancor prima che attraversi il fiume a guado, e che la sua ombra tagli, come un lento batter di ciglia, lo scintillante specchio d'acqua tra i banchi di terra e di rocce, sappiamo che è un uomo.
E' un piccolo libro, si legge in poco più di un'ora. E' un grande libro, scritto in modo epico. L'ho letto e mi sono venuti in mente i personaggi omerici perchè tali sono Violette, sua madre, le altre donne, gli uomini del villaggio che non ci sono più, e lui, l'uomo che arriva. Mi sarebbe piaciuto, leggendo, avere io la loro forza nella sventura, questa forza che li fa assomigliare ad eroi mitici.