A metà fra confessione e sfogo, un libro che ci ricorda che l'inizio e la fine del mestiere di scrittore è, semplicemente, scrivere.
Nella mia libreria, uno dei primi libri in cui puoi imbatterti è "Perchè scrivere" di Zadie Smith. E' un libro da leggere ma quello che mi interessa è la specie di monito lanciato dal titolo, monito diretto a chi entra in libreria, lettore o scrittore, in carne ed ossa o solo come nome sopra o sotto il titolo.
Se io continuo a ripetere che il libro non è solo una merce e che il libraio non è solo un bottegaio, anche lo scrittore non può essere solo un imbrattacarte.
Con la giusta curiosità mi sono letto questo libro di Culicchia che mi attraeva per il titolo (che è ripreso da una poesia di Bukowsky, bellissima e struggente, riportata alla fine). L'autore si rivolge ad uno che vuole scrivere o che già scrive ma non ha ancora pubblicato e gli prospetta cosa gli può capitare quando finalmente diventerà scrittore.
Con una buona dose di ironia racconta la varie fasi della vita professionale di uno scrittore: anzi è autoironia perchè usa il suo esempio, ci racconta la sua vita, da quando la prima volta ha pensato di scrivere a quando ha pubblicato il suo primo libro e così via. In questa specie di confessione non manca di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, sia facendo nome e cognome di suoi colleghi, sia lasciando sul vago ma non troppo.
Nel racconto della vita dello scrittore tutto viene raccontato: il primo contratto, i rapporti con ufficio stampa, le presentazioni, le comparsate tv, il secondo libro e i successivi, e. Tutto racconta meno la parte fondamentale, la scrittura. Non nel senso che questo non è un manuale di scrittura creativa, questo lo dice subito, sin dalla premessa; nel senso che non dedica nessun capitolo alla scrittura. E questa assenza risalta.
Solo verso la fine del libro ho capito che Culicchia non sta scrivendo per questo potenziale scrittore, quelli tanto non leggono nemmeno i libri. Lui scrive per tutto il mondo che ruota attorno alla scrittura e agli scrittori, è a loro che si rivolge, agli editori, ai colleghi, ai librai, agli organizzatori dei festival, a chi si occupa dei libri in televisione e sembra che il libro voglia dire: " Ma è proprio necessario tutto questo? Sicuri che non si possa fare diversamente?".
Io ho già invitato Culicchia a presentare il suo libro qui a Venezia e lui ha accettato; adesso devo solo procurarmi un paio di volumi di storia locale abbastanza pesanti da regalargli quando verrà; per le domande da fargli sono pronto, di sicuro per prima cosa gli domanderò cosa pensa del futuro del libro cartaceo...