Le due storie, quella nel libro e quella del libro, sono storie di incontri.
Paolo Cognetti una notte si sogna scrivere un racconto e al mattino, ricordandolo tutto, lo trascrive. L'illustratrice Mara Cerri, isola anche lei, lo rende immagine, riuscendo a rappresentare l'atmosfera del sogno, quella del “bosco dei luoghi abbandonati, quello che cresce dove non c'è più nessuno”.
Nel racconto c'è un bambino tutto assorbito dalla propia paura di nuotare, che decide di sconfiggere. Quando sprofonda nella cava di ghiaia abbandonata, divenuta piscina, dove lo porta il maestro - a me sembra liquido amniotico grigio-verdastro e impastato -, si accorge che qualcuno lo guarda dall'alto. È lo scrittore:
“Allora mi vide che lo osservavo. La mia ombra contro la luce del sole. Hai ancora paura? gli domandai. Hai ancora paura? rispose lui. E non sapevamo più chi di noi due fosse il corpo e chi l'ombra, chi l'oggetto davanti allo specchio e chi il riflesso, chi la voce e chi l'eco.”
Un'immagine molto bella chiude la storia di questo albo illustrato, quella del tuffo all'incontrario, dalle profondità dell'acuqua sino a bucare il cielo luminoso.
Niente più paura di nuotare, niente più paura di scrivere, niente più paura, o un po' meno, di diventare grandi. Se siamo isole, siamo nati forniti di ponti, sono le braccia. E le braccia, come i ponti, si tendono.
Courtesy by Sabina Rizzardi