All'inizio erano solo piccoli sassi che Dora si portava a casa dai nostri vagabondaggi nei boschi in cerca di bacche o di erbe. Camminava per il bosco, protesa leggermente in avanti, scrutando il terreno, sollevava con precauzione l'un o l'altro sasso da terra, stando attenta a non staccarlo con troppa forza dalla sua nicchia. Lo ripuliva bene dal terriccio e dai piccoli insetti, lo teneva stretto tra le mani e lo tastava. Sento il suo calore, mi diceva, dai, tocca anche tu.
È proprio attraverso la "personificazione" dei sassi che Dora cerca di elaborare le dinamiche famigliari e, forse, anche quelle di un periodo duro della Storia. Conosciamo gli adolescenti Dora e Franz che poi si innamorano, il signor Armando, padre di Dora, che viene al nord da Monreale a fare il maestro del paese, e la madre di Franz. Li vediamo prendere confidenza, così diversi, gli uni con gli altri vicino alla stube, nel lavoro dei campi, durante gli anni della seconda guerra mondiale in Sudtirolo, un paese che riuniva sul suo territorio i popoli più diversi con costumi di vita autonomi e profondamente radicati; si muovono tra Roma, dove tutto era abbondante, rigoglioso, bastava allungare la mano, e la Finlandia, per noi quel primo inverno a Torsholma fu quasi insopportabile; la voce narrante è quella di Franz che, molti anni dopo, racconta la loro storia. Ci sono anche Mussolini e la Petacci verso i quali la Dora ragazzina ha una vera e propria fascinazione, come si trattasse di una stella del cinema. C'è lo stare sul bivio, in attesa, quando ogni opzione è inaccettabile.
Sassi vivi
di Anna Rottensteiner
traduzione di Carla Festi
pagine 116, 13 €
Keller 2015