Storie d'Italia: Zita di Enrico Deaglio

Di Enrico Deaglio mi ero letto Patria, un libro che mi ero proprio gustato, un resoconto anno per anno della storia d'Italia dal 1978 ad oggi. Me lo ricordo come una lettura molto utile che mi aveva fatto mettere ordine nei miei ricordi. In più è stato il primo libro che avrei voluto avere in e-book, tanti erano i rimandi a immagini e filmati e articoli reperibili su internet.
Quel libro, Patria, è una via di mezzo fra un reportage e un saggio storico, scritto in modo sempre piacevole. Ma non è un romanzo e quando ho iniziato Zita ero, lo confesso, prevenuto: diffido di chi pretende di essere capace in molte attività e per me il saggio e il romanzo sono campi diversi ed è molto difficile riuscire a giocare bene in entrambi i campi.
Mi sono sbagliato, Zita me lo sono letto e con soddisfazione. E' un libro che scorre piacevolmente, Deaglio non ha nessuna pretesa di creare un romanzo capolavoro, onestamente ci racconta la storia di questa donna, Zita. Non mi dilungo sulla trama, la si può trovare ovunque: Zita è una donna nata a Torino, da famiglia borghese e istruita, subito dopo la seconda guerra mondiale. Ha due grandi amici dell'adolescenza, Carlo e Francesco: il primo è la voce narrante, colui che lungo il libro ci racconta la vita di Zita, dalla sua adolescenza fino ai giorni nostri. Si dà il caso che Carlo sia anche il responsabile dei festeggiamenti per l'Unità d'Italia a Torino. La vita di Zita è senza dubbio ricca di avvenimenti, anche estremi: è a parigi durante il Maggio francese, partecipa alla lotta armata negli anni di piombo, vive in prima persona la rivoluzione iraniana che abbatte lo scià.

Ma Zita non è una donna in particolare, Deaglio non sta romanzando la vita di una persona che ha in qualche modo conosciuto. Zita è un personaggio che rappresenta la generazione nata subito dopo la guerra mondiale, di classe borghese e istruita, che sentiva di poter e dover combattere per un futuro, per un mondo e per un'Italia migliore: la generazione di Deaglio. L'autore ci porta a ricordare gli avvenimenti vicini e lontani che hanno caratterizzato quegli anni e quella generazione, gli ideali per cui si sono battuti, lo spirito a volte ingenuo ma sempre eticamente guidato che li ha animati, i passaggi anche ideologici che li hanno visti protagonisti. Da quando hanno avuto una coscienza politica, dagli anni del liceo, fino ad oggi; dal 1961, centenario dell'unità d'Italia, al 2011, centocinquantesimo anniversario della stessa ricorrenza. E' proprio questo confronto fra l'animo delle stesse persone nei due anniversari che segna non solo il tempo passato ma le speranze svanite. Lo scambio di mail fra Carlo e Zita sulla visita a Torino del nostro Presidente del Consiglio è divertente ma rivela ormai l'impotenza dei due di fronte a ciò che l'Italia è diventata, anche se loro hanno lottato per farla diversa.
Il romanzo, la storia di queste persone è racchiusa fra due frasi che riguardano il "popolo". La prima la pronuncia Zita: da ragazzi si trovavano a leggere i libri insieme e avevano un motto, che Zita ricorda a Carlo in una lettera: "Tutto per il popolo, niente con il popolo" tratta dalla Marcia di Radetzky di Joseph Roth.
La seconda invece la ricorda Carlo quando, ripensando agli anni di piombo durante i quali anche Zita compie un'azione violenta, racconta cosa gli era capitato: aveva smesso di lottare perchè aveva smesso di crederci ed era stato convinto da un collega. Ecco il passo che segna il confine fra la giovinezza in cerca di cambiare il mondo e maturità ormai impotente:
"All'epoca c'era un giovane studioso di marxismo di Bologna, Biagio Bernacci. [...] Bernacci dominava economia e politica, l'autogestione jugoslava, la terza via di Pietro Ingrao, i ceti medi emiliani, il meridionalismo forte, la proprietà collettiva dei mezzi di produzione [...] Carlo lo incontrò a Torino, in un bar vicino alla stazione. Bernacci aveva un tono da cospiratore, prese a parlare a bassa voce. « Carlo, fai attenzione! Marxismo, leninismo, tutte queste cose qui...». Scandì le parole: « NON GLIENE FREGA PIU' UN CAZZO A NESSUNO. Sicuro, credimi. Stai attento, veh, perchè ci sbatteranno tutti via, rimaniamo disoccupati! E' proprio al popolo  che non gliene frega più niente, capisci? »"

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