Il dolce sollievo della scomparsa di Sarah Braunstein

Il titolo inglese è più esplicito: The Sweet Relief of Missing Children. Qui si parla di bambini, di bambini scomparsi e sono molti i modi per un bambino di scomparire: uno dei più frequenti è quello di nascondersi dentro il corpo di un adulto, invece di crescere.

Il dolce sollievo: mi ricorda un libro letto da poco, Eravamo bambini abbastanza di Carola Susani, lì dei bambini rapiti in qualche modo contenti di essere strappati dalle loro famiglie. Questo libro però è profondamente diverso dal libro di Susani.

Intanto per la struttura: c'è solo una bambina, Leonora, che seguiamo dall'inizio alla fine del libro, in sei capitoli intervallati da altre storie. In queste storie leggiamo di altri bambini, Paul, Justine, Sam, Jade, del rapporto con i loro genitori e del diventare, a loro volta, grandi e genitori.

Leonora è l'unico personaggio del libro che resterà bambina lungo tutto l'arco del libro. Tutti gli altri bambini diventano adolescenti, li vediamo alle prese con i loro genitori, con i loro problemi di relazione. Paul con sua madre Goldie, Judith con la madre Grace, Sam con la sua madre adottiva Constance. E poi diventeranno a loro volta adulti, a loro volta genitori. Li lasciamo prima che ritrovino nei loro figli gli stessi atteggiamenti e gli stessi problemi.

Leonora è l'unica che realmente sparisce. E lo comprendiamo dalla prima pagina del libro, che le succederà qualcosa. Non sappiamo cosa, non ve lo svelo io, ma la scrittura della Braunstein, il suo modo di presentarci Leonora ci fa capire che qualcosa di brutto le può succedere. Quando si leggono i capitoli dedicati a Leonora, soprattutto i primi, si è sempre sospesi fra la speranza che non le succeda nulla e l'impossibilità di fermare gli eventi che si spiegano sulla pagina scritta. Gli altri bambini invece si perdono, scappano, se ne vanno da casa ma sono ormai adolescenti, è una cosa che anche i genitori si aspettano, lo mettono in conto. In un caso uno di questi adolescenti se ne va, prende il pullman e continua a viaggiare in pulman per quindici anni: sua madre non lo cercherà mai.

Leonora è l'unica che vive in città: città come posto pericoloso, città dove tutto il male può succedere.
Tutti gli altri vivono fuori dalla città, in piccoli paesotti o in zone rurali, eppure anche lì di cose cattive e brutte e pericolose ne possono succedere.

Leonora è l'unica con una coppia madre/padre quasi normale, borghese, istruita, di cui non veniamo a conoscere problematiche esistenziali, forse ci sono ma sono state risolte. La madre è vegetariana, ha le sue stranezze:
"La madre non aveva aspettato che crescesse per parlarle del divario salariale, del movimento per il diritto al voto delle donne, della povertà di certe menti, alcune delle quali - ma non tutte - appartenenti a uomini."
Ma sono stranezze, che si possono trovare, in altre declinazioni, un po' in tutte le madri. Stranezze che sbiadiscono di fronte alle vite delle altre madri del libro: Goldie per esempio, che la sera del compleanno del figlio, di fronte alla torta di compleanno che non si può mangiare perchè bisogna aspettare l'uomo su cui lei punta, mezza ubriaca snocciola delle verità perverse al figlio. E forse non è nemmeno la madre peggiore. Molte semplicemente se ne vanno, scompaiono, come Grace. Anche lei è uno dei "missing children"?
(non parlo dei padri, non perchè non abbiamo responsabilità ma perchè, come è nella loro natura, semplicemente svaniscono)

Questo libro è interessante per il tema che tratta, il rapporto figli/genitori nel suo aspetto quasi patologico, dove la funzione del genitore ( proteggere i figli per farli crescere e farli diventare adulti ) è quasi annullata da un effetto che normalmente è secondario, cioè far crescere i genitori. Ma questa crescita in molti casi è fasulla, l'esser genitori ha solo messo fuori dalla porta le paure e le pulsioni dell'adolescenza: quando i figli  diventano grandi e a loro volta se ne vanno, ecco che la sicurezza creata sulle spalle dei figli si affloscia. La realtà raccontata dalla Braunstein è quella dell'America dei piccoli paesi, dove capita che alla fine del liceo rimani incinta e ti sposi. Una realtà forse estrema, ma le madri in fuga, le madri che tengono la cucina in ordine come una preghiera quotidiana, sono quanto di più reale si possa immaginare.

Questo libro è interessante per come lo racconta. C'è la struttrura ad incastro, senza un vero protagonista, senza una unica storia, ma con tanti personaggi che possiamo ritrovare oppure no. Ma non basta una struttura così per fare un bel libro. Ci vuole una scrittura, come quella di Braunstein, che riesca a tenere la corda tesa dall'inizio alla fine, che riesca a mantenere questo stato di angoscia permanente. E' un libro terribile, bello ma terribile. La cifra di questo libro è l'affastellare frasi corte, scrittura rapida e nervosa, molte volte associata ai flussi di coscienza dei personaggi, dei flash dai loro cervelli:

"Si sarebbe fatta un sonnellino. Si sarebbe concessa quell'insolito piacere. Chiuse gli occhi, ma si sentì più profondamente, più intensamente sveglia. Aveva le braccia e gambe accaldate. Grace è il tipo di persona che fa il sonnellino, io no, io no, pensò. Voleva farsi del male. Era questo che voleva? Davvero? Si piantò le unghie nei palmi delle mani. Quel bisogno la sorprese con tutta la sua forza e la sua chiarezza. Ficcarsi una spilla da balia nella pelle, oppure mettere la mano sopra una fiamma - una piccola ferita, concentrata in un punto. Ma perchè? Cosa diavolo esigeva questo desiderio? No. Si rese conto che non era il dolore che voleva, voleva l'esatto conrario, solo che la fatica sarebbe stata la stessa. Solo che con il dolore non ci sarebbe stata la colpa, perciò bramarlo era più facile."

"Una volta, un paio di anni prima, Judith si era fatta a piedi il chilometro e mezzo fino alla stazione dei pullman. Non aveva bagagli, solo qualche banconota. Era un pomeriggio splendido. Arrivata alla stazione si era sentita confusa - cosa le era saltato in mente? Si era guardata intorno. Una fila di armadietti marrone scuro le aveva ricordato il liceo. Lungo un'altra parete c'erano delle sedie uguali a quelle che avevano a scuola, con attaccati i ripiani per scrivere, solo che quelli fissati a quei ripiani c'erano dei minitelevisori. La stazione era vuota. Lei non aveva nessun posto dove andare. Un uomo alla biglietteria si stava mangiucchiando le unghie. Aveva sollevato lo sguardo con aria di attesa. E cosa aveva fatto lei? Era andata a fare la pipì. Era entrata a grandi passi nella toilette della stazione dei pullman come se quella fosse stata la destinazione del suo viaggio, e poi aveva fatto ritorno a casa."





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