Il racconto รจ ambientato in un piccolo paese, Scovazze, una specie di Macondo della pianura veneta, un posto mitico e immaginario, dove nessuno arriva, dove nulla cambia, i gesti sono sempre gli stessi, le parole non servono.
Il centro del paese รจ l'osteria, gestita da Gilda dalle grandi tette.
Scovazze, nome di paese inesistente, ha un significato chiaro: rifiuti.
Ed รจ a Scovazze che per caso arriva Salvatore Tempesta, un meridionale, un terrone come verrร chiamato dai locali.
Tempesta di nome e di fatto, il suo arrivo servirร a modificare per sempre la situazione del paese e dei suoi abitanti.
La storia รจ bella, a tratti commovente, scritta con ottima padronanza di mezzi, raccontata tramite tutti i paesani, con stacchi continui da uno all'altro perchรจ, alla fine, non c'รจ un protagonista ma รจ una storia corale.
Al di lร della storia, questo libro mi ha colpito per l'aspetto universale che affronta: la comunicazione fra esseri umani.
Per l'autore, che si traveste da giovane avventore dell'osteria che scrive quello che succede, la comunicazione รจ sempre possibile, basta volerlo. Non esiste un unico modo: di sicuro Tempesta, il terrone, ha le parole e sa usarle. Tempesta possiede anche questo gioco, il Paroliere, che diventerร nel corso della storia un oggetto totemico. Ha le parole che gli abitanti di Scovazze non hanno. Ma piรน di questo ha l'empatia, la capacitร di mettersi nei panni degli altri e con loro comunicare. E sa capire il linguaggio degli altri, fatto di silenzi, fatto di gesti, fatto di nulla.
Sarร proprio la comunicazione, verbale e non, che cambierร Scovazze: sarร Tempesta che farร vedere come le difficoltร che due persone trovano nel comunicare possono essere facilmente e con (molta) soddisfazione superate.