L'APICOLTURA SECONDO SAMUEL BECKETT di Martin Page



Il libraio mi ha spiegato che Samuel Beckett ha bisogno di un assistente che lo aiuti a mettere ordine nei suoi archivi.

Tra le strade e i tetti di Parigi, in un centinaio di pagine, Martin Page si mette a scherzare col fuoco, col miele, con gli archivi e con Samuel Beckett. A un certo punto viene ritrovato un fantomatico diario di un altrettanto fantomatico assistente di Beckett di cui nessuno ha mai sentito parlare. Page comincia così a raccontarci qualcosa di soave.

Beckett mi ha detto di raggiungerlo sul tetto del suo palazzo. [...] Una porta all'ultimo piano si apre su una scala a chiocciola, ripida e cigolante, che porta al tetto, che è di zinco ricoperto di tracce di ossidazione, piatto e largo. Le mansarde ci riparavano dal vento. [...] Beckett indossava una tuta bianca e una maschera da apicoltore. Mi ha indicato con un dito il mio equipaggiamento. Mi sono vestito. [...]
«Ho bisogno delle api per ricordare a me stesso che possono accadere anche cose meravigliose».

Attorno alle arnie, attorno a un tavolo, tra carte, merende e vestiti coloratissimi, i nostri due inventano archivi per le università, seguono la messa in scena di "Aspettando Godot" in un carcere svedese i cui prigionieri/attori scapperanno durante la tournée teatrale, si preoccupano di libertà, cibo, teatro.


Per ringraziare le api, Beckett gli ha offerto delle orchidee. Dei fattorini ne hanno consegnato una dozzina di mazzi. Le api vi si sono precipitate ronzando. Non dimenticherò mai quell'immagine di Beckett, in tuta bianca e maschera d'apicoltore, circondato dalle api, al tramonto. L'aria era colma del profumo dei fiori e del miele.


Forse Page, con questo volo, ci vuole dire che la grandezza di certi grandi è quella di saper tornare rudimentali.



L'apicoltura secondo Samuel Beckett

di Martin Page
traduzione di Tania Spagnolo
pagine 95, 10 €
Edizioni Clichy

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